Pubblicato il no. 1 del nuovo trimestrale "Nonviolenza"
Servizio civile e nonviolenza per costruire la pace
Il trimestrale Obiezione!, nei suoi 20 anni di esistenza ha seguito l’evoluzione dell’obiezione di coscienza al servizio militare, denunciandone instancabilmente le discriminazioni e sollecitandone i cambiamenti. All’inizio degli anni ‘90 l’obiettore era ancora processato e condannato al carcere dai tribunali militari, mentre ora con l’inoltro di una semplice e formale richiesta scritta può svolgere un servizio civile, certamente molto più utile e gratificante, anche se ancora penalizzante per la sua durata di una volta e mezzo il servizio militare.
Dopo l’introduzione della nuova procedura d’ammissione basata sulla prova dell’atto, a seguito della quale si sono quasi quadruplicate le domande, da alcuni politici e cerchie militari, sostenuti anche dalla maggioranza della Commissione della sicurezza del Consiglio nazionale era stata richiesta la reintroduzione dell’esame di coscienza. Giovedì scorso 2 dicembre il plenum del Consiglio nazionale ha però respinto con 84 voti a 74 la relativa mozione di Thomas Hurter (UDC). Ha invece accettato con 96 voti contro 63 la proposta della Commissione di istituire un gruppo di lavoro che esamini subito (senza attendere il 2012 come suggerito dal Consiglio federale) la possibilità di introdurre degli ostacoli per ridurre il numero dei civilisti. Tra i parlamentari ticinesi presenti solo Meinrado Robbiani e Chiara Simoneschi-Cortesi si sono opposti in entrambe le votazioni.
Nonostante l’evidenza e le rassicurazioni del Consiglio federale una maggioranza è ancora convinta che l’aumento dei civilisti possa mettere a rischio gli effettivi dell’esercito. La realtà è invece molto diversa: già oggi molti giovani vengono generosamente esclusi dall’esercito, non potendoli impiegare, e la situazione sarà ancora più acuta con la prevista ulteriore riduzione da 200'000 a 80'000 dei suoi effettivi.
Tutta la società, invece di preoccuparsi e temere questi sviluppi, dovrebbe quindi rallegrarsi che un numero crescente di giovani, invece che non far niente, possa operare attivamente nell’aiuto ai più bisognosi o nella salvaguardia dell’ambiente, creando le premesse per una convivenza civile e solidale.
Gli ultimi avvenimenti appena descritti dimostrano comunque la necessità di una costante attenzione e controinformazione, ragione per la quale il Centro per la nonviolenza della Svizzera italiana ha deciso di rilanciare il suo trimestrale, sostituendolo con Nonviolenza, sottolineando anche con il nome quanto già da tempo la rivista propone.
In effetti la nonviolenza non è solo rifiuto totale della guerra e delle armi e servizio civile, ma anche il rispetto della natura e dei diritti umani (in primis il diritto alla vita e ad una vita dignitosa per tutti e i diritti delle donne); nonviolenza è anche solidarietà e impegno antirazzista, per la giustizia e la verità, contro le menzogne, gli sfruttamenti e le oppressioni di ogni genere.
Solo con la nonviolenza si può costruire una vera pace.
Luca Buzzi, coordinatore del Centro per la nonviolenza della Svizzera italiana
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